Una poesia dice che:
“Non esiste il presente,
se non nella forma del futuro
che appena è, già è stato.”
Questa è la forma del tempo, una continua tensione tra passato ed un presente che è sempre rivolto al domani.
L’amministrazione del comune
La cura del presente è l’ordinaria amministrazione di una città.
Importante come la prospettiva verso il domani è l’esercizio dei servizi e la manutenzione.
Come Abbiategrasso mi voglio bene e sono sicura che anche gli abitanti abbiano lo stesso sentimento, perciò incominciamo tutti a ribaltare l’idea che la cosa comune non è di nessuno e che invece è anche nostra, di tutti, e che la sua cura, il suo rispetto, sono affari nostri, che non esiste un pubblico che può essere sfregiato, perché tanto non è la nostra proprietà.
La città è pulita se anche le persone che la abitano la rispettano e la tengono pulita.
La manutenzione della città è affare dell’Amministrazione comunale e di tutti.
E’ un modo semplice di essere solidali e di fare cittadinanza.
Scopo della pubblica amministrazione è, insieme al rispetto della legalità, di garantire i diritti di cittadinanza.
Il Comune è un apparato di procedure, di strumenti, di mezzi, di risorse finanziarie, ma è soprattutto un insieme di professionisti organizzati in servizi e uffici.
Se occorre, la struttura amministrativa va riorganizzata e migliorata, resa più efficiente nell’istruttoria e nella conclusione dei procedimenti, ma tutto ciò può avvenire solo se si investe sulle persone, sulle loro capacità, sulla loro motivazione.
Un personale ben organizzato e ben motivato, incentivato in base ai risultati ottenuti, è la risorsa prima ed essenziale per la migliore cura della comunità.
In città il Comune non è solo. Ci sono aziende come l’Amaga per i servizi industriali, l’Assp per quelli sociali, che se poste in rete con l’organizzazione comunale, senza sovrapposizioni, con chiarezza di rapporti e di contenuti contrattuali, sono una risorsa dell’oggi ed un sicuro investimento per il domani.
Ed è dentro a questo quadro organizzato che deve essere effettuata la manutenzione del cimitero, degli edifici pubblici, delle strade, del verde.
Con la cura del quotidiano si tratta di assicurare:
- la salute con una sanità efficace e accessibile a tutti. Infatti, la salute è un bene essenziale di tutela delle persone. Occorre ripartire da questo principio e tornare a considerare la sanità come un valore e non come un mercato. Il futuro del nostro ospedale deve essere visto nella logica del bene della salute e non della convenienza commerciale, che è la logica dominante della sanità lombarda.
L’ospedale soffre da lungo tempo di residualità all’interno degli assetti ospedalieri dell’ovest milanese, perciò occorre andare oltre l’emergenza e la marginalità di oggi. Occorre ridefinirne la fisionomia e recuperare le specialità richieste dalla legge per avere un pronto soccorso.
Un ruolo originale può venire da un rapporto integrato con il Golgi, l’hospice e la casa di riposo che prestano un servizio di assoluto ed alto livello per la cura dell’anziano e delle malattie terminali.
Andrebbero valorizzate le eccellenze oggi esistenti (Oculistica e Piede diabetico) e rilanciate le attività medico-chirurgiche almeno per gli interventi a bassa intensità di assistenza.
Ma il bene salute non si soddisfa solo concentrando tutto nell’ospedale, come l’esperienza del covid, soprattutto in Lombardia, ha dimostrato: è quindi indispensabile recuperare un rapporto vero ed intenso con i medici di base, secondo un modello della cura che è presenza territoriale puntuale (ad esempio, con la casa di comunità) e integrazione sociosanitaria con i servizi comunali.
- l’istruzione con un sistema di qualità che vuole dire scuole adeguate (è veramente triste constatare che in 15 anni non si sia risusciti a costruire una nuova scuola dell’infanzia in via Colombo!), attività e servizi per il diritto allo studio.
Dobbiamo avere la consapevolezza che il nostro petrolio è l’intelligenza. Perciò è dovere della comunità coltivare come prioritario il bene dell’istruzione, che è la sola via di crescita per i giovani e di riscatto per gli adulti che soffrono deficit di conoscenza.
Tutta la rete dei servizi alla persona, dall’educazione all’assistenza socio assistenziale ha per riferimento la famiglia e la famiglia è il cuore verde della città, e dunque una città più verde, più amica dei bambini, che elimina le situazioni di degrado anche edilizie (e certamente lo sono le barriere architettoniche nelle strade e nei fabbricati), è di per sé una città che vive meglio e fa vivere meglio.
Il cuore verde della famiglia ha bisogno di una casa: sono ancora troppe le precarietà e gli alloggi impropri. Devo agire sul lato della manutenzione delle mie case comunali e regionali, ma devo anche favorire le forme pubbliche e del privato sociale (del tipo del c.d. housing sociale) che possono aiutare a dare una casa a chi non l’ha o a darne una adatta alle esigenze della propria famiglia.
Nella città che cambia e che è già cambiata l’organizzazione dei servizi e la stessa nuova pianificazione urbanistica non possono deflettere da un’impostazione che si modella sulla formazione della famiglia che agisce come punto intermedio di incontro tra la persona e la società; ed immaginare questa prospettiva non può non considerare l’apporto fondamentale delle donne sulle quali spesso grava il peso dell’organizzazione familiare a cui non è riconosciuto il giusto valore, come spesso accade anche nel mondo del lavoro.
Non è facile costruire un nuovo e diverso modello basato sulla vera parità, ma non posso non provare a provocarmi come città ed incominciare a potenziare ad esempio la politica e i servizi per la prima infanzia. Si dirà che è poco, ma è una cosa possibile. Promettere molto che non si può fare o mantenere non è buona politica: è semplicemente inganno.
Incominciamo con un primo passo, magari anche coinvolgendo i nostri anziani, che sono una vera ricchezza del nostro vivere familiare e sociale.
Quando immagino la politica di contrasto delle fragilità, della povertà, del bisogno, dell’emarginazione, mi vedo come una città che non si arrende all’idea che non si possano prevenire questi fenomeni, ma anche come città che sa che da sola con i suoi servizi pubblici non riesce a soddisfare una domanda purtroppo crescente di marginalità. Senza la presenza del vasto e generoso mondo dell’associazionismo sociale nessun sistema di servizi alla persona è in grado di fronteggiare la domanda di aiuto.
Voglio essere una città nella quale l’Amministrazione comunale il terzo e quarto settore collaborano attivamente e con fiducia per impegnarsi in un attento lavoro di costruzione delle risposte ai bisogni emergenti e di definizione delle strategie di inclusione per chi è ai margini.
Le attività del quarto settore realizzano una sintesi necessaria per dare nuova linfa ai tre settori esistenti: il privato che diventa fautore dell’economia sostenibile, il no-profit che si organizza con impostazioni imprenditoriali, il pubblico che apre con determinazione alla sussidiarietà.
Voglio vincere la mia sfida più grande: nessuna persona deve sentirsi abbandonata e priva di ascolto.
Spesso mi interrogano e mi interrogo sui giovani, su che cosa occorra per loro e che cosa si possa fare.
Mi pare un approccio sbagliato, paternalista e vecchio.
Credo che via sia una grande energia, una passione inappagata, che vanno suscitate, partendo dal loro desiderio di vita.
Per questo motivo più che una risposta, o di una promessa di impegno, occorre una provocazione che interroghi lo spirito di futuro che è il timbro di questa età.
Questa provocazione è la sfida del mettersi in gioco, del rompere lo scherma di una realtà ineluttabile che condanna alla precarietà e alla sfiducia.
Ma non tutti sono ripiegati nella solitudine dei social e nell’indifferenza.
C’è, è vero, un disagio educativo che spesso è causa dell’indifferenza, ma moltissimi giovani hanno motivazioni, non solo personali, rivolte alla dimensione dell’impegno sociale, culturale e, in misura più ridota, a quello politico.
Raccolgo la sfida, voglio offrire occasioni culturali, di spettacolo, di sport, siano poi i giovani ad assumersi la responsabilità di utilizzarle.
Raccolgo la sfida rivolta anche alle famiglie: siano famiglie e giovani a diventare protagonisti e costruttori del loro vivere nella città.
Sono diversa nella composizione dei miei abitanti.
C’è la diversità nelle nostre scuole, nelle nostre case, nelle nostre piazze e strade, nel nostro lavoro.
Culture, religioni, modi di pensare e di vestire differenti. Abbiategrasso è come il mondo: persone, uguali, perché diverse.
Non posso non considerare che questa è la realtà consolidata e che occorre fare città anche nei confronti di tutte le diversità.
So bene che il pluralismo mette in difficoltà il modo di affrontare e attuare i principi di dignità della persona, di uguaglianza, ma questo è il nostro tempo, noi tutti, quali che siano le nostre provenienze, le nostre convinzioni, le nostre religioni, abbiamo il dovere di fare città, pur consapevoli che la città è il luogo della competizione, spesso della discriminazione, ma quel che costituisce l’essenza della città, dell’idea stessa di città, è il suo essere per eccellenza il luogo delle contraddizioni che trovano il modo di convivere, di fare strada comune, di fare comunità pur nella diversità. Anzi, si può dire che è la diversità l’essenza della città.
L’uguaglianza della diversità si basa sulla reciproca conoscenza, sulla condivisione di valori di convivenza comuni, che vanno costruiti non lungo traiettorie astratte, ma con iniziative di confronto sorte dall’incontro tra persone che vengono da mondi diversi, ma che abitano tutte sotto questo piccolo ritaglio di cielo.
C’è, è vero, un diffuso sentimento di insicurezza, un bisogno di legalità insoddisfatto; spesso è una percezione più che una vera realtà. Ma esiste e non posso trascurarlo.
C’è la legalità della sicurezza pubblica da migliorare con gli apparati di prevenzione e di controllo del territorio in specie nelle ore notturne. Qui si può immaginare un’azione coordinata tra le forze dell’ordine locali e statali ed anche il rafforzamento di quelle comunali.
C’è un’altra esigenza di legalità che riguarda la repressione dell’abusivismo edilizio, dell’inquinamento delle acque, dell’aria, della terra, della pratica abusiva del commercio o del suo illecito esercizio, della scorrettezza sulle strade.
Questi comportamenti illegali sono tipici della competenza della polizia locale, che va dunque fortemente orientata e recuperata, alla sua specifica qualità di polizia dell’ordinato vivere civile in una comunità.
C’è un’ulteriore esigenza di legalità che interroga la politica e che la richiama alla sua responsabilità.
Quel che offende la gente è il privilegio, è la raccomandazione che favorisce l’arbitrio e che spesso nasce da regole mal fatte, da procedimenti faticosi e inutilmente complessi.
La buona politica è quella che coltiva i diritti e non i favori clientelari, che non si piega agli interessi del più forte di turno, che non mistifica la realtà e non cede alla demagogia. Al contrario, esercita l’onestà dei comportamenti, usa il linguaggio della verità e la coerenza tra mezzi e fini, rispetta le differenze e le minoranze, mette la cura della comunità al centro della propria azione.
Questa comunità da curare siamo noi, le persone che danno vita e mi fanno vivere nel nome di Abbiategrasso.